L'altro giorno, quando stava già quasi facendo buio, sono riuscita a fare un giro veloce a
Fondo per scattare qualche foto dei prati fioriti.
|
prato con bistorta, ajucche, margheritoni, geranium, ranuncoli |
Ne ho fatte solo poche, vicino al paese, perchè per una passeggiata più lunga era tardi, ma l'atmosfera che c'era era veramente deliziosa. La cosa che come al solito è difficile descrivere è il profumo stupendo che hanno i prati in questa stagione: qui era simile a quello del miele.
Come vi ho già detto nella valle si è mantenuta nei secoli la tradizione di mangiare tantissime erbe, che in altre parti d'Italia è andata in buona parte perduta.
In particolare i phyteuma, che qui sono così apprezzati, crescono in tante zone del Nord Italia, ma ad esempio sull'appennino Tosco Romagnolo quasi nessuno li conosce e non sono presenti nella cucina tradizionale locale.
Le varietà di phyteuma sono molte, le più frequenti in valle e usate in cucina sono il Phyteuma betonicifolium e lo spicatum.
|
phyteuma spicatum a fiore verde-bianco, tipica dell'Appennino |
Se non le conoscete vi conviene imparare ad identificarle in questa stagione, in cui si riconoscono facilmente per i caratteristici fiori. Nello spicatum sono di colore verde-bianco, lilla o blu-viola a seconda della sottovarietà.
|
Phyteuma betonicifolium, notate le foglie più lunghe e strette |
Pare che sia quest'erba la "saliunca" di cui parla Plinio, dicendo che se ne cibavano i Salassi, l'antica popolazione celtica che abitava la valle prima dell'arrivo dei Romani.
Queste nostre erbette in montagna crescono nei prati umidi, in collina nei boschi luminosi, al margine tra il prato ed il bosco, sotto le siepi, lungo i sentieri ombrosi.
Essendo molto graziose sono adatte anche ad essere coltivate in giardino.
Tutta la pianta è commestibile: i fiori, le foglie e le radici (che non ho mai assaggiato).
Tradizionalmente si usano le foglie ed i boccioli appena spuntati per preparare la zuppa, nelle frittate e come verdura cotta. A me piacciono molto anche le giovani foglie in insalata.
In primavera in tutti i ristoranti della valle si trova la
zuppa di aiucche: viene preparata disponendo uno strato di pane casereccio, uno di abbondanti ajucche bollite, uno di toma d'alpeggio stagionata (ripetendo tre-quattro volte gli strati) e coprendo il tutto con l'acqua di cottura delle erbe.
Si può irrorare con burro in cui è stato fatto rosolare timo serpillo.
In una versione viene servita semplicemente così, in un'altra è passata a gratinare in forno finchè l'acqua non è completamente assorbita.
Alcuni cuocciono le ajucche nel brodo di carne o aggiungono fettine di lardo o aglio, ma io preferisco la versione più semplice, che penso sia quella più antica.