Questa ricetta di zuppa selvatica invernale è ispirata a quelle paleolitiche descritte nei romanzi del ciclo di "Ayla figlia della terra", della paleontologa Jean Auel, ambientati trentamila anni fa e molto accurati nella descrizione di ambienti naturali, utensili, animali ed erbe.
Ho provato a farla un pò per gioco, anche perchè volevo trovare un utilizzo non banale per le radici selvatiche commestibili che ho scoperto di recente.
Pensavo che risultasse un piatto lontano dai nostri gusti e da mettere poi a punto, invece, con mia grande sorpresa, è riuscita buonissima!
Non si possono fare generalizzazioni sull'alimentazione del paleolitico, ovviamente, essendo un periodo di tempo lunghissimo, ma al suo interno ci sono state anche popolazioni estremamente civili, che avevano una grande varietà alimentare e conoscevano una quantità di piante commestibili che in confronto anche noi esperti di erbe sappiamo ben poco. Pare avessero anche una cucina complessa e raffinata.
Io immagino che ci fossero popoli un pò simili ai Nativi del Nord America, per quel poco che abbiamo conosciuto di loro prima di sterminarli, infatti anche questi ultimi erano cacciatori-raccoglitori e sapevano nutrirsi di una quantità di cibi incredibile. Erano anche molto longevi, non conoscevano le cosidette malattie del progresso e preservavano la meravigliosa complessità della natura, ma qui il discorso si fa troppo lungo, d'altra parte nessuno ha interesse a dire che, invece di imparare da loro le conoscenze che avevamo perduto, li abbiamo uccisi e abbiamo distrutto la loro cultura.
La zuppa paleolitica la preparo sempre in maniera diversa, a seconda di cosa ho a disposizione.
Si basa su cibi conservati (carni affumicate, frutti di bosco e funghi essicati) e su cacciagione, bacche e radici reperibili d'inverno.
Questi sono i possibili ingredienti da usare, non è necessario averli tutti:
carne (io solitamente uso il cinghiale) tagliata a piccoli cubetti
pancetta affumicata di buona qualità
bulbi di aglio orsino, o di agli selvatici misti
radici spontanee: bardana, pastinaca, cardoncello, barba di becco, raperonzolo, cicoria, etc. Potete mettere anche solo 2-3 varietà di radici, se non ne avete altre, l'importante è stare attenti ad equilibrare i gusti, ad esempio se usate una radice molto dolce come la pastinaca abbinatela alla cicoria o al tarassaco, amari
mirtilli o uva spina essicati
piccoli frutti semiselvatici come meline o pere volpine, sbucciati e tagliati in quarti
bacche fresche o essicate (rosa canina, azzeruole, etc)
timo, rosmarino, eventuali altre erbe aromatiche a vostra scelta
bacche di mirto
funghi secchi (il più adatto è il Craterellus cornucopioides)
Ovviamente non la cuoccio in uno stomaco di uro come vorrebbe la ricetta autentica, ma in una normale pentola, preferibilmente sulla cucina a legna.
Rosolate la carne con l'aglio e la pancetta, coprite d'acqua, salate, aggiungete le bacche, i frutti di bosco essicati, i funghi precedentemente ammollati, le erbe aromatiche.
Fate bollire a fuoco basso per circa due ore, mettete le mele e/o le pere e le radici tagliate a rondelle e cuocete per un'altra ora, o comunque finchè gli ingredienti sono tutti teneri.
La zuppa deve risultare piuttosto liquida, va mangiata col cucchiaio.
Ultimamente, anche se non ho scritto, ho studiato molto e scoperto tante altre piante commestibili, che normalmente non sono conosciute ed usate tranne che in piccole zone isolate, o nei paesi dell'Est. In particolare mi sono appassionata alle radici. Molte piante anche comuni hanno radici edibili, ma quasi nessuno lo sa. Io pensavo che fossero cadute in disuso perchè poco buone e che somigliassero alle rape(una delle poche cose che non mi piacciono), invece le sto sperimentando e le trovo buonissime, prossimamente ve ne parlerò in maniera più dettagliata.